« (…) la costa d’Amalfi, piena di picciole città, di giardini e di fontane, e d’uomini ricchi e procaccianti in atto di mercatantia sì come alcuni altri. Tralle quali cittadette n’è una chiamata Ravello, nella quale, come oggi v’abbia di ricchi uomini, ve n’ebbe uno il quale fu ricchissimo, chiamato Landolfo Rufolo (…) »
(Giovanni Boccaccio, Decameron – II giornata, IV novella)
Cenni storici
La storia di Ravello, nei suoi aspetti civili, religiosi, economici e turistici, presenta una ricchezza unica che permette al visitatore di cogliere elementi unici. Non è possibile visitare Ravello senza un collegamento al ruolo che la città ebbe nei vari secoli con le sue luci e ombre, con i suoi periodi di grandezza e con quelli di decadenza, ma sempre con un ruolo importante nell’ambito del territorio amalfitano.
Ravello, posta sul pianoro che divide la vallata del torrente Dragone da quella dove scorre il torrente Reginna, mostra intatte molte testimonianze della storia millenaria che l’ha vista protagonista con il Ducato di Amalfi sulla scena politica del Mediterraneo medievale.
La tradizione racconta che Ravello, come tutti gli altri centri della Costiera Amalfitana, risale all’arrivo di un gruppo di nobili romani, giunti qui in seguito al naufragio della propria nave lungo le coste della Dalmazia, avvenuto mentre si recavano a Costantinopoli. Ma le tracce archeologiche, anche se molto limitate, fanno pensare ad una frequentazione già in epoca classica con qualche villa, come se ne contano sulla costa.
La storia di Ravello acquista maggiore consistenza documentaria a partire dalla creazione della Repubblica marinara di Amalfi il 1° settembre 839, quando tutto il territorio intorno al centro costiero si riunì in Ducato.
La scoperta di Ravello come luogo ameno e degno di essere visitato risale molto indietro nel tempo e, anche se non ci sono testimonianze certe della presenza “turistica” di Boccaccio durante il soggiorno napoletano (1327-1340), certamente l’incipit della quarta novella della seconda giornata del Decameron ne rivela una buona conoscenza. La successiva riscoperta di questi luoghi avvenne superando le mille difficoltà che comportava giungere da Napoli sia via mare sia soprattutto via terra.
Ci sono descrizioni di viaggiatori che, attraverso le principali direttrici di collegamento, che valicavano la catena montuosa dei Monti Lattari, a schiena d’asino o addirittura a piedi, si spingevano sulla Costa alla ricerca dello splendore dell’antica Repubblica Marinara, signora del Mediterraneo e potenza militare di epoca medievale. Infatti, la maggior parte dei viaggiatori che arrivavano qui cercavano la grandezza di Amalfi e qualcuno si spingeva sulle colline alla ricerca di scorci paesaggistici, in cui la presenza di rovine unita ad una vegetazione lussureggiante fatta di boschi e giardini rispondeva in pieno al gusto romantico. Il Grand Tour, infatti, anche se con un certo ritardo, toccò anche la Costa d’Amalfi, che appariva fortemente isolata rispetto alla piana di Paestum, dove si ammiravano le rovine dell’antichità magno greca, o alla Sicilia che offriva il clima soleggiato del Mediterraneo e la storia millenaria.
Chi arrivava qui cercava qualcosa che non aveva trovato altrove oppure era affascinato da questo paesaggio così particolare. Un forte impulso turistico Ravello lo ebbe dal momento in cui si stabilì qui, nel 1851, il botanico scozzese Francis Neville Reid, che, affascinato dai luoghi, acquistò l’antica Villa Rufolo.
La fortuna turistica del paese, quindi, vede una crescita costante durante tutto il Novecento anche grazie ad intuizioni importanti che qualche albergatore locale ha e a scelte di investimento che enti preposti al turismo hanno a partire dalla seconda metà del secolo scorso. Grazie, infatti, alla lungimiranza di Paolo Caruso, discendente di uno dei primi albergatori locali, che intuì la necessita di legare lo sviluppo locale alla fama che Ravello aveva avuto in Europa nell’Ottocento, furono organizzate le prime edizioni dei Concerti Wagneriani, che nella cornice dei giardini di Villa Rufolo, lì dove il musicista tedesco aveva trovato ispirazione per il completamento dell’opera Parsifal, portò la musica classica collegandola ad un luogo magico; successivamente l’Ente Provinciale per il Turismo di Salerno decise di acquisire alla pubblica fruibilità la Villa, fino ad allora proprietà privata e quindi non sempre aperta al pubblico. La fama internazionale è sempre di più cresciuta anche grazie all’apertura di attività ricettive che coprono tutta la gamma di domanda dai B&B agli hotel 5*.
Cosa vedere
Le ville
Ravello, come uno scrigno, contiene due gemme preziose che testimoniano la fama che il centro costiero godè nel passato. Il primo di questi luoghi magici, quello più antico, è l’antica dimora della ricca famiglia dei Rufolo, che, dopo essere stata proprietà anche della famiglia Confalone, fu acquistata dal botanico scozzese Francis Neville Reid nel XIX secolo e trasformata nel giardino magico che accolse Richard Wagner nel 1880. Il secondo luogo è Villa Cimbrone, voluta da Ernest William Bercket nel 1904, e che può essere considerata la sintesi delle architetture ravellesi.
Il duomo
Il complesso del Duomo è composto dal Duomo, dedicato alla Madonna Assunta e che conserva la reliquia del Santo Protettore di Ravello, Pantaleone, dalla Chiesa del Corpo di Cristo, oggi adibita a pinacoteca, e dal Museo del Duomo, che occupa l’antica cripta e raccoglie i pezzi artistici più importanti provenienti dal Duomo stesso e dalle altre chiese, alcune non più in funzione. Visitare il complesso del Duomo significa calarsi non solo nel sentimento religioso locale che ha trovato nel Martire Pantaleone, intercessore presso Dio delle grazie necessarie soprattutto in momenti difficili, ma anche nelle influenze artistiche esercitate sull’arte locale dai numerosi contatti con il mondo orientale. La possibilità di ammirare anche il patrimonio costituito dai quadri che decoravano altre chiese del paese e alcune opere d’arte importantissime nella storia artistica nazionale, come la cosiddetta Sigilgaida Rufolo, accresce l’interesse culturale di questo luogo.
L’architettura civile
L’architettura civile ravellese è caratterizzata da numerose evidenze risalenti al periodo di massimo splendore della città ed è rappresentata dalle numerose residenze delle famiglie del patriziato locale. Interessante è notare che la maggiore concentrazione di tali palazzi si trova lungo la via di crinale che va dalla Chiesa di S. Giovanni del Toro fino alla zona che è alle spalle del Duomo, dedicato alla Madonna Assunta, anche se altre testimonianze sono nelle vicinanze della piazza principale ed anche in zone periferiche, come quella dove sorge il Monastero delle Suore Clarisse.
L’elemento che caratterizza tali residenze è la sintesi che si può ammirare in esse tra la funzione di rappresentanza, quella abitativa ma anche commerciale. La struttura si ripete quasi simile in tutti i palazzi: un cortile centrale scoperto, a cui si accede attraverso un portone anche abbastanza ampio, tale da far passare un carro di medie dimensioni, locali tutti intorno al cortile (catodia), pronti ad accogliere le merci che transitavano in entrata ed in uscita dal palazzo, una scala, di dimensioni quasi monumentali, aperta sul cortile attraverso un ampio vano finestra (spesso di forma arcuata sul modello aragonese), che conduceva ai piani superiori, quelli dove i proprietari abitavano. Non è raro trovare in tali palazzi i cosiddetti “bagni arabi”, cioè strutture che, riprendendo la “filosofia” romana delle terme e poi orientale dell’hammam, permettevano al proprietario di godere dei benefici dei bagni di vapore, grazie alla presenza di prefurni e fontanelle inserite direttamente nella stanza adibita a bagno (di alcune sopravvivono ancora le suspensure). Accanto a questi agi c’era la parte rustica, in cui si trasformavano i prodotti provenienti dal giardino che circondava il palazzo. In numerosi atti di vendita o di locazione vengono citati i palmenti, cioè le strutture dove veniva prodotto il vino e l’olio.
L’architettura religiosa
L’architettura religiosa ravellese offre al visitatore più attento e che non si ferma alla visita delle testimonianze architettoniche maggiori l’occasione di scoprire veri gioielli che sono la sintesi del sentimento religioso locale e della maestria costruttiva che si è consolidata nel tempo. La tradizione vuole che Ravello in antichità avesse cento chiese e, se consideriamo, le tante cappelle che punteggiano le antiche scale che collegavano i vari punti del centro urbano le chiese sono sicuramente più di cento. Accanto a chiese di patronato delle antiche famiglie patrizie, che rappresentavano non solo un luogo di culto ma anche una testimonianza del loro potere economico, ci sono piccole chiese che, dedicate ai santi più venerati nella religiosità popolare, accoglievano gli abitanti del circondario nei momenti di festa o di difficoltà. Molto diffuso il culto della Vergine, potente avvocata presso Dio, che viene venerata sia col titolo di Madonna delle Grazie che con quello di Madonna Addolorata, e poi anche con i vari appellativi che derivano dal luogo dove sorge la chiesa (della Rotonda, del Lacco, a Gradillo, della Pomice ecc.); oltre alla Vergine si veneravano i Santi taumaturghi, quelli, cioè, che guarivano le infermità, come i SS. Cosma e Damiano e lo stesso S. Pantaleone. Da sottolineare che molte di queste cappelle, sebbene abbiano perso il ruolo di centro religioso aggregativo della zona dove sorgono, conservano ancora oggi l’importanza religiosa tanto che c’è sempre una località di Ravello dove si svolge una piccola festa per ottemperare alla memoria del Santo o della Madonna. Esse custodiscono, molto spesso, piccoli capolavori artistici, che purtroppo a volte sono state oggetto di furto, privando questi luoghi soprattutto delle testimonianze di un antico sentimento religioso, difficile da trovare altrove.